Licenziamento e Abuso Permessi Sindacali

Licenziamento e Abuso Permessi Sindacali

Il commento dell’avvocato del lavoro Alessandro Tonelli dal canale YouTube Studio Legale Lavizzari su alcune recenti sentenze della Cassazione in merito al caso di un rappresentante sindacale che aveva utilizzato i permessi per svolgere attività ricreative che nulla avevano a che fare con le attività di cui all’art. 30 della Legge 300/1970.

 

L’art. 30 della Legge 300/1970 riconosce espressamente in capo ai rappresentanti sindacali, e più precisamente in capo ai componenti degli organi direttivi provinciali e nazionali delle sigle sindacali firmatarie del CCNL applicato nell’unità produttiva, il diritto a godere di permessi retribuiti per partecipare a riunioni indette dagli organi.

Appare, pertanto, chiaro dalla lettura della norma che il fine esclusivo del permesso è quello di consentire al lavoratore di prendere parte ad eventi specifici.

La Cassazione è stata di recente chiamata a pronunciarsi sul caso di un rappresentante sindacale che aveva utilizzato i permessi per svolgere attività ricreative che nulla avevano a che fare con le attività di cui all’art. 30.

La Corte d’Appello di Venezia, riformava la sentenza emessa dal Tribunale di Treviso, aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento e, sulla base del novellato comma 4 dell’art. 18, aveva condannato la società alla reintegra in servizio. L’azienda ricorreva per Cassazione e la Suprema Corte, con sentenza n. 4943 del 20.02.2019 accoglieva le doglianze della società.

Più nello specifico gli Ermellini analizzavano la diversa natura tra i permessi ex art. 23 e quelli ex art. 30 precisando come i permessi concessi sulla base di quest’ultima norma sono controllabili ed in caso di mancata acclarata partecipazione, la condotta del dipendente è sanzionabile.

La Corte precisa, poi, come in caso di contestazione da parte dell’azienda circa l’indebito utilizzo dei permessi è onere del lavoratore fornire la prova dell’esistenza del diritto.

La sentenza resa dalla Corte d’Appello di Venezia ha invece erroneamente ritenuto che la condotta abusiva non avrebbe alcuna conseguenza risolutiva del rapporto e, al più, avrebbe comportato il diritto alla trattenuta sulla retribuzione. La sentenza è stata cassata con rinvio in appello.

A mio modo di vedere la Cassazione è intervenuta in modo più che corretto sanzionando il comportamento illegittimo del dipendente la cui condotta, evidentemente, non può essere contenuta in una sanzione conservativa.

Non esitate a contattare lo Studio Legale Lavizzari per una consulenza dai nostri avvocati del lavoro.

 

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