Patto di Prova nei Contratti di Lavoro Subordinato – Avv. Cesare Lavizzari
Patto di Prova nei Contratti di Lavoro Subordinato
Ecco il commento dell’avvocato del lavoro Cesare Lavizzari dal canale YouTube Studio Legale Lavizzari su due sentenze della Cassazione in tema di patto di prova nei contratti di lavoro subordinato.
Con due recenti sentenze la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi di patto di prova nei contratti di lavoro subordinato.
Con la pronuncia del 6 novembre 2018 n. 28252 ha statuito che è possibile applicare il patto di prova al contratto di lavoro anche se vi erano stati in precedenza altri contratti a termine tra le stesse parti per le medesime mansioni.
Nel caso esaminato dalla Corte, vi era stato l’inserimento del patto di prova in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, dopo che tra le parti erano intercorsi tre contratti a termine con le medesime mansioni.
La società giustificava la reiterazione del patto con la considerazione che i precedenti contratti a termine erano stati di durata breve e lontani nel tempo e che si erano svolti in un diverso ambiente di lavoro ed ambito territoriale.
La Corte ha ritenuto che la ripetizione del patto di prova in due contratti di lavoro successivi tra le stesse parti e per le medesime mansioni è legittima quando sia necessaria per valutare, oltre all’attitudine professionale del dipendente, anche la personalità ed il comportamento del lavoratore, elementi, questi, suscettibili di mutare nel tempo.
Con sentenza 3 dicembre 2018 n. 31159 la Cassazione, nel ribadire i principi consolidati in materia di controllo giudiziale della legittimità della stipulazione del patto di prova e del recesso del datore di lavoro, con particolare riguardo alla illegittimità del recesso in prova ove il lavoratore non sia stato adibito alle mansioni oggetto dell’esperimento, ha precisato che le conseguenze giuridiche del recesso sono differenti a seconda che l’illegittimità derivi da un vizio genetico del patto, che comporta la conversione del rapporto in uno definitivo ovvero che derivi da vizio funzionale verificatosi nello svolgimento della prova, che comporta (salvo ovviamente il caso di recesso per motivo illecito) unicamente la prosecuzione del rapporto fino al termine della prova oppure il risarcimento del danno.
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