Contagio Covid-19 di un Dipendente Rischi per Datori di Lavoro

Gianluca Lavizzari spiega ai microfoni di Tempi Legali i rischi per i datori di lavoro in caso di contagio Covid-19 di un dipendente.

L’avvocato del lavoro Gianluca lavizzari risponde ai microfoni di “Tempi Legali” riguardo a una una tematica di stretta attualità: Ora che la maggior parte delle imprese si trova in piena fase 2 la questione che sta allarmando i datori di lavoro è il problema del cosa succede se il dipendente si ammala di coronavirus sul posto di lavoro.  

Il Decreto Cura Italia equipara, infatti, il contagio Covid-19 a un infortunio sul lavoro e ciò implica che scatti la responsabilità penale del datore di lavoro. 

Il podcast dell’intervista con le osservazioni e i chiarimenti dell’avvocato Gianluca Lavizzari

Ascolta “Contagio da Covid come infortunio, la spada di Damocle per i datori di lavoro” su Spreaker.

Di seguito riportiamo un estratto dell’intervista

È un problema enorme. Ma qual è la paura dei datori di lavoro? È quella di incorrere in una responsabilità oggettiva, e cioè si ipotizzato il reato di lesioni colpose, omicidio colposo e addirittura quello gravissimo di epidemia colposa.

Una bella spada di Damocle. Innanzitutto, la legge equipara il contagio a infortunio, e fin qui va bene, ma poiché in una situazione del genere è pressoché impossibile accertare oggettivamente il momento del contagio, perché l’incubazione è lunga e perché il contagio è ovunque e diffuso in tutto il mondo, è prevista la presunzione semplice di origine professionale in caso di contagio di certe categorie di dipendenti.

Si tratta di una platea enorme perché questa presunzione semplice non si riferisce solo al personale addetto all’attività sanitaria ma anche a tutto il personale che abbia contatto diretto col pubblico, cioè una platea di centinaia di migliaia di persone.

Presunzione semplice vuol dire che non è più l’accusa a dover dimostrare che il contagio è stato preso sul posto di lavoro, ma è il datore di lavoro a dover dimostrare il contrario. Ed è una prova pressoché impossibile.

La cosa si è conclusa secondo me un po’ frettolosamente. Ci sono dei protocolli che il datore è tenuto ad osservare, e che se non rispetta pedissequamente va incontro a una responsabilità penale.

Consideriamo però la scarsissima chiarezza dei protocolli del 14 marzo rinnovato il 24 aprile, che stabiliscono in 13 punti, le linee guida che il datore di lavoro deve seguire con i dipendenti: le trasferte, il ricevimento clienti, i rapporti con il medico competente, … Consideriamo anche che l’ordinanza della Regione Lombardia, del 13 maggio, rende ancor più stringenti tali misure.

L’ambiguità di questi protocolli è che non contengono soltanto obblighi, ma anche consigli, il che non rende chiara la loro urgenza. Possiamo dunque considerarli delle linee guida, che tuttavia non sono facilmente attuabili per tutti. Se un’azienda è di modeste dimensioni, considerando anche che l’attività imprenditoriale va esercitata in regime di economia, questa azienda non si può dotare di tutti i protocolli e i presidi necessari, tenendoli costantemente aggiornati. È un’attività pressoché impossibile, che presuppone il fatto di rimanere al passo con la scienza.

Nasce a questo punto il timore che in una situazione del genere, si vada verso una sorta di responsabilità oggettiva, o quasi. Tuttavia, io non credo che questo accada.

Ci sono anche dei casi sovrapponibili a questo del COVID-19, per esempio quello in cui la Regione è intervenuta, quello della legionella, in cui si è accertato l’elemento oggettivo del reato, ma si è esclusa la responsabilità penale del datore di lavoro, sul presupposto della carenza dell’elemento soggettivo. Perché era impossibile eliminare completamente il rischio da infezione da legionella negli ospedali. Il che mi sembra un fatto speculare a quello che oggi ci sta occupando, cioè è impossibile per un datore di lavoro eliminare il rischio da contagio COVID-19.

Si parla di scudo penale per il datore di lavoro, ma non credo sia uno strumento al quale ricorrere. Nel senso che un rispetto ragionevole di quelle che oggi sono le indicazioni del protocollo, dovrebbe mandare esente da responsabilità il datore di lavoro, che dimostri di essersi attenuto a queste regole, sempre nei limiti delle sue capacità e possibilità, perché è oggettivamente impossibile raggiungere un livello di sicurezza al 100%.

Tuttavia il problema permane, perché il continuo rinnovarsi di questi provvedimenti nazionali, ai quali si sovrappongono quelli regionali, alimentano una situazione di incertezza. E io credo che per questa ragione ci saranno delle piccole realtà che si guarderanno bene dall’aprire.

Non esitate a contattare gli Avvocati del Lavoro dello Studio Legale Lavizzari, per una consulenza.

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