Diritto Dello Sport A Trent’anni dal Lodo Linate Il Commento di un Protagonista

Diritto Dello Sport A Trent’anni dal Lodo Linate Il Commento di un Protagonista

Diritto Dello Sport – Tra Lealtà e Sponsorizzazione
A Trent’anni dallo Storico “Lodo Linate”
Il Commento di un Protagonista

L’antefatto
L’Ordine di Milano organizza a Bormio i campionati italiani di sci avvocati e magistrati.
Faccio parte, in quanto bormino per frequentazione e origini, del Comitato Organizzatore.
Scattano scommesse di ogni tipo, bottiglie in palio come se piovesse.
Ricevo dall’indimenticato Luigi Cattaneo, titolare dell’omonimo bar tabacchi del Tribunale, richiesta di sponsorizzazione che avrebbe compensato la mia incosciente esposizione, in caso di sconfitta, soprattutto di sconfitta con il collega, avv. Principi, che sarebbe stata particolarmente onerosa nel morale e nel bicchiere.
Staffetta di fondo. Squadre di tre atleti. Anello di 5 km.
La mia squadra è così mal messa che gli sci sono a noleggio.
Come secondo staffettista, esponendo logo “Bar Cattaneo” poco sopra le terga, causa indecente performance di chi mi precedeva parto ormai nelle retrovie.
Dopo 500 metri e quasi altrettante cadute, sganciamento di sci ecc…, l’anello si infila nel bosco ed io, stancamente, con lui.
In un momento di lucidità, resomi conto di non essere in condizione di portare dignitosamente a termine la prestazione taglio, non visto, il percorso e mi presento al cambio con largo anticipo rispetto alle più rosee previsioni: il mio compagno di squadra, mollemente adagiato su una sdraio, è colto di sorpresa ma, prontamente avvisato dal pubblico presente, si attrezza velocemente e parte per l’ultimo giro.
Nonostante il furto di 4,5 km ci piazziamo solo quarti, ai piedi del podio.
Al cronometro il mio personale tempo non è nemmeno il migliore ma solo il secondo.
Nell’occasione si distingue, tra tutti, il compianto avv. Molteni, già Podestà di Seregno il quale, con berretto e sciarpa tricolore, termina il percorso a lui personalmente dedicato salutando romanamente il pubblico festante, compresi allibiti turisti, anche stranieri, di passaggio.
Ebbene Arduino De Cet, storico segretario dell’Ordine, la sera della premiazione, nonostante la scorciatoia fosse passata inosservata ai guardia pista, squalifica la mia squadra in totale spregio ai più elementari principi di diritto, in ragione di una presunzione mera (quel tempo non era alla tua portata).
Scatta, immediato, ricorso al Comitato Organizzatore che, con ignobile inversione dell’onere della prova e ignorando la presunzione di non colpevolezza, a maggioranza respinge.
Al bar del Tribunale la questione ha una vastissima eco. Volano parole grosse e accuse, gravissime, che in altri tempi avrebbero costretto a sfide a duello.

Il processo
Con atto di citazione ritualmente e tempestivamente notificato, il sottoscritto conviene in giudizio, avanti al Giudice Conciliatore, Manuel Principi , Luigi Cattaneo e Arduino De Cet.
All’atto dell’iscrizione a ruolo la causa viene sapientemente pilotata avanti al giudice naturale: dott. proc. Marco Villani, preventivamente informato e messo a conoscenza dei fatti incresciosi.
A Cattaneo l’atto introduttivo viene notificato a mani, in Tribunale, dal messo comunale.
Le difese si attrezzano con particolare dedizione alla subornazione di improbabili testimoni e spiegando, tutte, domanda riconvenzionale nei limiti, ovviamente, della competenza del Giudice Conciliatore.
La prima udienza è ormai prossima.
Gli studi più in voga sono della partita.
La reazione di Cattaneo, però, è del tutto inaspettata.
Letteralmente terrorizzato dall’idea del giusto processo chiede, con insistenza, la rinunzia agli atti offrendosi di organizzare a sua cura e, soprattutto, a sue spese, una sorta di giudizio arbitrale da tenersi in località Linate presso la trattoria di un amico.
L’amico è d’accordo così come il Conciliatore cooptato nel prestigiosissimo Collegio arbitrale costituito alla bisogna (Villani, Prisco, Caimmi e Crivelli).
Il resto è nel lodo pronunciato “in nome del Popolo italiano” (sic!) al cospetto di una cinquantina di ospiti del Cattaneo.
Ciò che non è nel lodo è il colpo di genio di Cattaneo che, non sapendo con chi prendersela, infine se la prende con l’oste con il quale s’è evidentemente accordato per un pagamento “forfettario” in giornata di chiusura dell’esercizio.
La mattina dell’udienza, imboccati da Cattaneo, si presentano all’osteria due Alfette blindate con tre o quattro agenti di PG in borghese che, estratto il tesserino, chiedono a un terrorizzato oste conferma che quella sera si sarebbe tenuta una cena a porte chiuse.
Chiedono l’elenco dei partecipanti e il menù.
Superato un comprensibile attimo di sbandamento l’oste non può che ammettere a denti stretti la circostanza e, ormai certo di essere tradotto in manette al comando della GdF, si sente chiedere se, tra i presenti, ci siano anche i giudici Caimmi e Crivelli che Cattaneo gli aveva dipinto, come effettivamente erano, ovvero come magistrati impegnati in prima linea nelle inchieste e nei processi di Mani Pulite.
Ottenutane conferma gli agenti di PG chiedono perentoriamente all’oste di farsi da parte in quanto debbono, a scongiurare possibili attentati, bonificare il locale.
E, soprattutto, lo fanno davvero!

avv. Gianluca Lavizzari

Scarica e leggi la sentenza originale

sentenza LODO LINATE (07-06-1993)

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