Ancora Sulla Violazione dell’Obbligo di Repechage e sulla Tutela Reintegratoria
Ancora Sulla Violazione dell’Obbligo di Repechage e sulla Tutela Reintegratoria
Con la sentenza n. 26460 del 17.10.2019 la Cassazione è tornata a pronunciarsi sulle conseguenze della violazione dell’obbligo di repechage da parte del datore che proceda con un licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Se, come in effetti è, dal 2016 abbiamo avuto modo di assistere, da parte della giurisprudenza della Suprema Corte, ad una sorta di ribaltamento dell’onere della prova (ora posto a carico datoriale), da almeno un paio di anni la Cassazione ha preso posizione anche sulle conseguenze di tale violazione.
Già, solo per citarne alcune, con le sentenze n. 10435 del 02.05.2018 e 32159 del 12.12.2018 gli Ermellini avevano precisato come la verifica della manifesta insussistenza del fatto posto alla base del licenziamento riguardasse anche l’impossibilità di collocare il lavoratore altrove; manifesta insussistenza che dovrebbe essere evidente e facilmente verificabile sul piano probatorio.
Con la sentenza resa nei giorni scorsi la Cassazione ha ribadito tale concetto precisando, tuttavia, come l’insufficienza probatoria in ordine all’adempimento dell’obbligo di repechage non può essere riportata automaticamente nell’alveo della manifesta insussistenza del fatto con la conseguenza che va applicata la tutela risarcitoria in assenza di una prova sufficiente dell’impossibilità di reperire una posizione lavorativa compatibile con la professionalità del lavoratore licenziato.
La Cassazione, in conclusione, se da un lato pare prendere posizione circa il carattere residuale della tutela reintegratoria in caso di violazione dell’obbligo di repechage, dall’altro non pare fornire elementi precisi e concordanti cui attenersi.